Edito da Feltrinelli, pubblicato nel 2017, consigliamo il libro di Simonetta Agnello-Hornby e George Hornby, “Nessuno può volare”, scritto a quattro mani con il figlio maggiore George, disabile da molti anni, nella nostra recensione una traccia dell’opera, un libro biografico, dove non mancano elementi di british humor, Feltrinelli Editrice, 2017,
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Giuseppe Pontigia dedicò il suo “Nati due volte”, nel quale raccontava il rapporto quotidiano con il figlio disabile Andrea, «Ai disabili che lottano non per diventare normali ma se stessi» ed è senz’altro questo libro – dal quale il regista Gianni Amelio ha tratto, nel 2004 il suo film “Le chiavi di casa” – che viene in mente leggendo l’ultimo lavoro di Simonetta Agnello-Hornby, intitolato “Nessuno può volare” e scritto a quattro mani con il figlio maggiore George, disabile da molti anni.
Anche qui si descrive il rapporto di una madre con il proprio figlio e l’accettazione – per lei lenta e dolorosa – della malattia che ha reso il figlio disabile (anzi “imperfetto” come, secondo George, dovrebbero essere chiamati i disabili). Ma in “Nessuno può volare”, non c’è solo questo. C’è anche la storia della famiglia dell’autrice nella quale s’insegnava che le parole sono importanti e devono essere usate con sensibilità ed intelligenza, soprattutto quando indicano le ‘imperfezioni’ di qualcuno, “diverso” si (e chi non lo è), ma comunque uguale a noi e mai, per questa sua diversità, da allontanare.
Pagina dopo pagina si palesa al lettore una galleria di ‘diversità’. C’é la bambinaia Giuliana, “diversa” perché veniva “da fuori” (era ungherese) e perché zoppa, per una caduta rovinosa fatta da piccola. Di lei si diceva: «Giuliana non può correre»; c’é la zia Ninì, simpaticissima ma sordomuta. Di lei si diceva «non parla bene» e c’é zia Rosina, cleptomane, che quando i fratelli recuperavano le posate d’argento, che lei rubava e nascondeva nelle tasche, lo facevano piano piano e con delicatezza, perché lei non s’imbarazzasse. «In famiglia» – scrive la Hornby – «usavamo con naturalezza quel genere di espressioni per indicare una forma di «diversità», accennando a un’impossibilità o a una fatica che non erano però sinonimo di inferiorità.». «Di un cieco si diceva «non vede bene», del claudicante «fa fatica a camminare», dell’obeso «è pesante», dell’invalido «gli manca una gamba», dello sciocco «a volte non capisce», del sordo «con lui bisogna parlare ad alta voce». «E si comunicavano soltanto le imperfezioni di cui tener conto nei giochi o nei rapporti sociali.».
Ma in questo libro c’è ancora altro. C’è il viaggio della madre con George, il figlio ‘imperfetto’. Un viaggio, classico elemento base di molte opere letterarie, per conoscere due Paesi, l’Inghilterra e l’Italia, con le loro bellezze e le loro diversità, ma anche, per i due
viaggiatori, un cammino di conoscenza e accettazione delle reciproche diversità. Un viaggio che, nella sua parte italiana, è diventato poi un documentario intitolato come il libro, girato proprio da George e trasmesso, l’anno scorso, sul canale televisivo LaEffe, di Carlo Feltrinelli. La parte italiana del viaggio si concluderà al Palazzo del Quirinale dove il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nominerà la scrittrice siciliana Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia.
Ma soprattutto nelle pagine del libro degli Hornby – parte di un Progetto editoriale dedicato a raccontare la disabilità – c’è un insegnamento importante che è racchiuso nel ragionamento che sta dietro il titolo: gli uccelli, tutti gli uccelli, possono volare, l’uomo non può farlo. Ma può fare moltissime altre cose, così come le persone disabili (meglio ‘imperfette’), per via della loro situazione, non possono fare alcune cose, ma hanno molte altre opportunità a patto che accettino la loro condizione e che noi, a nostra volta, li si accetti per quello che sono, senza precludere loro la possibilità di migliorare la qualità della propria vita, ma aiutandoli in questo percorso, spesso ad ostacoli.
Simonetta Agnello Hornby è stata definita una “narratrice nata” poiché naturalmente portata al raccontare e la scrittura di questo libro, asciutta ma d’impatto, conferma in pieno la definizione. Infatti, anche se il tema trattato è complesso e spesso difficile da raccontare, senza cadere nell’ovvio e nel patetico, le pagine scorrono veloci e la loro lettura non è affatto pesante. Il merito va anche alle “incursioni” scritte dal figlio ‘imperfetto’ (meglio dettate da George che – per via della sua malattia, una forma rara e progressiva di Sclerosi Multipla, con la quale convive da oltre quindici anni – vive su una sedia a rotelle e non può scrivere), con autentico british humor.
Su queste “Incursioni” la madre-scrittrice non ha avuto voce in capitolo, mantenendo la giusta distanza che un genitore deve tenere nei riguardi di un figlio ‘imperfetto’ perché lui, in tutto e per tutto, sperimenti le sue capacità, conquisti sempre maggiore autonomia personale e la padroneggi. Non abbandono, dunque, ma vicinanza rispettosa delle sue difficoltà che, come George stesso dice nel libro, sono spesso anche fonte di divertimento. «Come noi non possiamo volare». – scrive ancora la Hornby – «così George non avrebbe più potuto camminare: questo non gli avrebbe impedito di godersi la vita in altri modi.». «Nella vita c’è più di volare e forse anche di camminare.».. «Lo avremmo trovato quel di più.».
Nel racconto di Siobhan Dowd, scrittore britannico di discendenza irlandese, intitolato “Il Mistero del London Eye”, che ha vinto il premio Andersen 2012, Ted Spark – dodicenne autistico che, nelle vesti di un provetto detective, risolverà l’intricato caso narrato – sostiene che tutto può essere compreso, ma che questa possibilità «dipende da che parte guardi le cose.». Nel nostro caso, il libro di Simonetta Agnello-Hornby e del figlio George, ci guida, con delicatezza, verso l’angolo visuale più giusto per guardare (nel senso di conoscere) e soprattutto comprendere (nel senso di accettare) la disabilità e i problemi di chi la vive per fare, poi, la nostra parte.
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Simonetta Agnello-Horby è nata a Palermo. nel 1946. Vive dal 1972 a Londra ed è cittadina italiana e britannica. Laureata in Giurisprudenza. all’Università di Palermo, ha esercitato la professione di Avvocato aprendo, a Brixton, lo Studio legale “Hornby&Levy”, specializzato in diritto di famiglia e minorile. Ha insegnato Diritto dei Minori nella Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Leicester ed è stata, per otto anni part-time, Presidente dello Special Educational Needs and Disability Tribunal, Struttura con potere giurisdizionale, facente parte del Ministero della Giustizia del Regno Unito.